
Le proprietarie di un appartamento sito in condominio denunciano i residenti dell’appartamento soprastante poiché, alle prime ore del mattino, camminano con i tacchi, spostano le sedie e trascinano la mobilia. A causa di tali emissioni moleste, in primo e secondo grado, i vicini rumorosi vengono condannati al pagamento di 200,00 euro ciascuno per il reato di disturbo alle occupazioni e al riposto delle persone (art. 659 c.p.).
Se le emissioni rumorose provenienti da un appartamento ubicato in un condominio disturbano solo i residenti dell’appartamento sottostante è configurabile il reato di disturbo alla quiete pubblica?
La Corte di Cassazione, Sezione III Penale, con la sentenza 17 gennaio 2024, n. 2071, risponde negativamente. La fattispecie contravvenzionale postula che la fonte sonora arrechi disturbo ad una pluralità indeterminata di persone, ma è configurabile anche nel caso di un ristretto numero di soggetti, come i residenti in uno stabile condominiale. Tuttavia, per ravvisare la responsabilità penale del soggetto agente, non basta che i rumori arrechino disturbo ai soli residenti degli appartamenti inferiori (o superiori) rispetto alla fonte di propagazione, ma è necessario che tali emissioni rumorose arrechino disturbo ad una più consistente parte degli occupanti del condominio, poiché solo così può ritenersi integrata la compromissione della quiete pubblica.
Gli ermellini precisano che è irrilevante che le lamentele provengano solo da uno o due soggetti, mentre occorre accertare che l’emissione sia idonea ad arrecare disturbo a molti condomini e non solo a quelli sottostanti. Inoltre, è necessario acclarare che la diffusività in concreto dei rumori sia tale da superare i limiti della normale tollerabilità. Nel caso di specie, i giudici di legittimità escludono che la condotta molesta dei due condomini del piano superiore integri il reato, poiché il rumore provocato dal calpestio dei tacchi e dallo spostamento dei mobili non è idoneo a propagarsi e a recare disturbo ad altri. Tuttavia, la circostanza che tale condotta non integri un illecito penale non esclude che possa configurare un illecito civile con eventuale diritto al risarcimento del danno (ex art. 844 c.c.). Infatti, le ragioni della persona disturbata possono essere fatte valere in sede civile, azionando i diritti derivanti dai rapporti di vicinato.
Fonte: Altalex.com (articolo di Marcella Ferrari)